mercoledì 7 dicembre 2011

Dicembre.
Di nuovo Dicembre. Di nuovo qui a voler scrivere e ad aver paura di non saperlo più fare. Come se non bastasse pigiare i tasti ascoltando i nervi e i muscoli, la pancia e i piedi e tutto quanto ha da urlarti per le dita qualcosa.
Mi lascio attraversare dal tempo per ritrovarmi materia di sogni. Materia da consegnare. Non trovo spazio negli occhi per un pensare diverso. Un dire diverso. Torno da un anno speso a rimboccarmi le maniche, speso a respirare l'aria di Londra a tutte le ore del giorno, a cercare di capire che ne è stato. Che ne è stato di quel che era "Londra", che ne è stato di quei giorni in cui tutto poteva assumere un odore diverso... un sapore di panna e gelato in mezzo a colori accesi dall'estate e un cappello dimenticato in un autobus da rincorrere
Un delfino appeso al soffitto. Girano nel cuore lancette rosse e affilate. La prossima testa da tagliare potrebbe essere la tua. Non servono parole chiare od oscure. Sono semplicemente immersa nel silenzio di sentimenti che non trovo. E' strano ed elegante che avvenga ora ma io non sono cattiva. Sono consapevole di ogni mio stato d'animo ma non di ogni suo significato. Poteva essere l'affetto che non avevo, improvviso in mezzo al grigio. Potrebbe essere il deserto del saharà per cui non mi si illumina la punta della matita con cui scrivo la sentenza. Predare una tarantola e sapere che l'hai lasciata crescere in cattività in un buco remoto del tuo essere è qualcosa di immorale e distopico se però ne sei cosciente! Io no, lo posso giurare! Non lo ero mica! Non lo sono mai stata.
Voleranno questi pensieri su quelle facce tristi che ci guardano la punta delle scarpe e non alzano gli occhi per non vedere se quelli dell'altro piangono...
mani intrecciate dietro la schiena, mi dispiace vogliono dire e tacciono immobili e legate dal che si fa adesso?

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